lunedì 12 ottobre 2009

Mali: un raro Sirenide - IL LAMANTINO


Nelle acque limacciose del Niger, a 2 mila chilometri dalla foce, in una delle zone più selvagge della repubblica africana del Mali, è avvenuta una straordinaria scoperta scientifica. Dopo settimane di ricerche, attese e tentativi andati a vuoto, è stato avvistato, catturato con le reti, studiato e rilasciato libero un animale mito per zoologi e naturalisti di tutto il mondo: il lamantino del Niger. Un mammifero d'acqua della famiglia dei sirenidi, qualcosa a metà tra un tricheco senza zanne e una grande foca dalla coda a ventaglio, dalla testa grossa e gli occhi piccoli e tristi. Un bestione lungo tre metri e pesante 400 chilogrammi, vegetariano, capace di sopravvivere in un ambiente di acque dolci tanto fangose che è impossibile vedere, sott'acqua, un sottomarino a un metro dai propri occhi. Finora questo animale era conosciuto solo come abitatore di foci ed estuari dell'Africa occidentale. Nessuno pensava che potesse vivere all'interno dell'Africa. E nessuno lo aveva mai visto. La scoperta, italiana, è avvenuta alcuni anni or sono grazie a Stefano Capotorti, responsabile per l'Africa ovest dell'associazione Terra Nuova, ed al biologo genovese Antonio Di Natale. La rivista “Panorama” ha pubblicato le sue foto in esclusiva: fino a oggi non esistevano al mondo immagini del lamantino del Niger.«Stanarlo è stata una vera impresa» racconta Di Natale. «Un animale pur così grande emerge di solo mezzo centimetro di naso da un'acqua melmosa e tanto densa da renderlo invisibile. Ha bassissimi ritmi di respirazione. Dalle narici inspira aria per non più di 4 secondi. Poi scompare per decine di minuti. Trovarlo vuol dire stare ore e ore a guardare il fiume, quando la corrente è calma e non c'è vento. Ad aiutare i ricercatori nell’impresa sono stati i pescatori africani, i Bozo».

 In una vasta zona del fiume, dove vive un'etnia di lingua Bozo esiste una sola famiglia che si tramanda l'arte di cacciare i lamantini, oggi protetti dalla convenzione internazionale Cites, quella che impedisce la caccia alle specie in estinzione. «In quella famiglia» prosegue Di Natale «ci sono pescatori che sanno come prenderli: sono capaci di restare per ore in silenzio a fissare la superficie del fiume. Se non c'è vento, si riesce a vedere un cerchio d'acqua, come fosse il salto di un piccolo pesce».«Un numero di difficoltà tale da scoraggiare chiunque». «Tre volte si era riuscito ad accerchiarne uno con le reti e tre volte sono state ritrovate le reti strappate. Poi finalmente il successo». Gli animali catturati sono stati due: il primo, avvistato di notte, è stato rimesso in libertà la mattina dopo, una volta svolte tutte le analisi. Il secondo, due metri per 150 chili, è stato preso pochi giorni dopo. Di Natale ha potuto prelevare il sangue e un frammento di tessuto, per lo studio del dna, da entrambi gli esemplari. Secondo il biologo, un primo sommario esame degli animali dimostrerebbe che il lamantino del Niger è decisamente diverso dalla specie centroamericana. La sua pelle è grigio bluastra ed è molto più slanciato e affilato.«Siamo solo agli inizi delle nostre indagini. Bisognerà capire se si tratta di una vera sottospecie. Ma è certo che questi grossi animali, qualche centinaio appena in tutto il fiume, da migliaia di anni vivono completamente separati dai loro simili che abitano le coste dell'Africa occidentale. Sarà importante la ricerca acustica: infatti è impossibile che possano comunicare a vista. L'unico modo di interagire tra loro dovrebbe essere il suono». Gli uomini dell'acquario di Genova e dell'associazione Terra nuova riprenderanno le ricerche in Mali e proseguiranno gli studi sul lamantino. Di Natale vuole anche verificare le qualità terapeutiche dell'olio che un tempo si estraeva dal suo corpo. L'unguento di questo animale, secondo la medicina tradizionale africana, curava tutte le affezioni dell'orecchio e anche alcune dermatiti. Per questi motivi un tempo veniva cacciato e rischiava di scomparire. La notizia della ricerca italiana ha fatto il giro tra i pescatori del Niger. Intorno al gruppo di Di Natale si è formata una rete di collaborazione senza precedenti. Tutti quelli che sono riusciti a vedere i lamantini catturati vogliono dare una mano. C'è curiosità, ma soprattutto rispetto. Per molti di loro questi animali sono tabù. Così come succede per i delfini di fiume dell'Amazzonia (i botu vermelhos) uccidere un lamantino oggi è considerato causa di gravi disgrazie. In lingua Bozo infatti l'animale si chiama «sutandonè», cioè «l'ombra che annuncia la morte».




Fonte Panorama – colloquio con Di Natale (acquario di Genova)

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